Le parole sono pietre   Scale d'arte e poesia
Salvatore Pagliuca


A volte i progetti complessi e quasi impossibili si materializzano con la forza della passione e con una buona dose di follia.

L’idea di creare una strada della poesia iniziò a prender corpo agli inizi degli anni duemila nella programmazione delle attività future del Centro Culturale Franco-Italiano di Muro Lucano.

Il percorso prescelto fu la scalinata di via Seminario, un’arteria fondamentale nella viabilità urbana antica del paese che permetteva il collegamento tra gli antichi rioni di San Nicola, Marinella e San Leone e la Cattedrale ed il Castello di Muro. Probabilmente già esistente in età normanna, intorno all’XI secolo, si connotava come strada rupestre, intagliata cioè direttamente nel banco roccioso calcareo, come confermano le tracce rinvenute nel corso dei lavori di demolizione del piano pavimentale in cemento per la realizzazione del progetto e di cui si è voluto conservare memoria mediante testimoni lasciati a vista (si vedano gradini delle opere 10, 15, 16 e 17). Nella stessa ottica si son voluti restaurare o riprodurre ex novo  i colonnini in cemento armato della ringhiera risalenti alla  sistemazione della strada degli anni ’30 del secolo scorso.

Al progetto è stato dato un nome: LE PAROLE SONO PIETRE, riprendendo il titolo di un racconto di viaggio di Carlo Levi, ed un sottotitolo –La poesia del mondo guida i nostri passi- ad indicare come la grande poesia di ogni luogo e di ogni tempo, quella che possiamo definire universale ed eterna, sia il respiro dell’umanità, della sua storia passata, presente e futura; poesia che penetra nel senso più profondo delle cose, dei fatti, dei sentimenti, attraverso la semplice parola, attraverso quell’arte che ai più potrà sembrare qualcosa di non utile, ma che invece è necessaria.

A partire dal 2003, anno per anno, le poesie scelte sono state affidate alla creatività di diversi artisti che hanno elaborato soggettive interpretazioni del testo mediante bozzetti che la manualità e il volontariato dei soci hanno trasformato in acciottolati. Acciottolati presenti nei nostri paesi, fino a qualche decennio addietro, a rivestire i piani pavimentali di strade, cortili e atri di palazzi, sagrati di chiese o aie di masserie. Pietre raccolte nel greto della Fiumara di Muro nei mesi precedenti la realizzazione dell’opera, selezionate per dimensione e sfumature cromatiche e messe in posa sulla base dei diversi bozzetti. Pietre rotolate dai nostri monti, trascinate dalla furia delle acque torrentizie, levigate e sedimentate nel greto della fiumara e dei suoi affluenti, divenute metafora della poesia stessa:  se la poesia condensa con parole la profondità e il mistero dell’umanità e della sua storia, esse sono il succo e la rappresentazione dell’anima delle nostre terre, il campionario della storia geologica, archivio segreto dell’anima del nostro territorio  

Dal 2003 al 2012, in 6 successive edizioni, sono state selezionate 19 poesie interpretate da 18 artisti -12 italiani (5 lucani, 3 pugliesi, una campana, un laziale, un piemontese ed un siciliano) e 6 stranieri (2 argentine, una statunitense, una canadese, un giapponese ed uno svizzero)-, pavimentando con 29.027 ciottoli (+ 191 cubettini di vetro, 22 frammenti di specchio, 5 lamine di ferro ed un bassorilievo in bronzo) circa 109 mq di superficie stradale.

L’idea, anche per gli sviluppi futuri del progetto che inonderà i gradini delle due strade che si dipanano a valle dell’ingresso del Museo, è quella di avvicinare il maggior numero di persone alla  ‘cultura’ nella maniera più diretta: quella di ‘metterla sotto i piedi’.


Pietra e Poesia

Nunziata Zampino


Pietra e Poesia. Un ossimoro che racchiude la nostra essenza di uomini: da una parte la materia, dall'altra la  ricerca di armonia perduta e dell'assoluto, che  possono trascenderci o essere ricreate dalla nostra  intelligenza e dal nostro continuare a costruirci come  esseri umani.

Ma se le pietre, a chi le sa interrogare ed ascoltare, rivelano la Storia, la Poesia trasforma la nostalgia del totalmente altro in una possibilità, ci aiuta a tendere verso un'armonia, che abbiamo contemplato, e che, in quanto uomini, tendiamo a ricreare.

Armonia che non è sterile culto del Bello, puro canone estetico, ma affermazione e ri-affermazione attraverso la parola che si fa essenza dei più alti valori, è la consapevolezza che compito e dovere di ogni individuo è la salvaguardia dell'Uomo e della sua dignità.


Inizi
Fernanda Menéndez

Venti anni fa*, nel 2003, ricevetti una telefonata di Salvatore, che recitava più o meno così:
"Ferna' ho avuto un'idea..., un progetto: "Le parole del mondo guidano i nostri passi", poesie reinterpretate visivamente da artisti contemporanei utilizzando pietre di fiume, gradini di acciottolati che si svilupperanno nelle scalinate, quelle che salgono e scendono dal Museo. Devi scendere. Il primo acciottolato lo facciamo su un brano dell'Odissea, ti mando i versi, così progetti... ci sei?..."

Così dopo qualche mese abbiamo messo assieme la "prima pietra". Ricordo in quei giorni gli inviti mancati, tra le 5 e le 6 del mattino, per andare a raccogliere pietre al fiume, le ore passate a comporre nelle cassette i moduli del bozzetto, le difficoltà della prima volta come 'acciottolatori', il lavoro di gruppo con Gerardo, Linkon, Sergio e Peppino per riuscire a 'svelare' i segreti della tecnica e infine il piacere di tradurre i segni e i tratti del bozzetto in solide tracce.

"Le parole sono pietre" è oggi un acciottolato tessuto a tante mani, una sorta di collana di perle variopinte, con un filo conduttore umano che intreccia linguaggi e  culture diverse, danza di mani che scrivono e giocano al mosaico senza altro fine che raccontare le pulsioni che scatenano i suoni manifesti, latenti e, a volte, ritmati.

Così i sassi sono diventati segni, briciole di memoria geologica, messi insieme gli uni dietro agli altri si prolungano formando tante linee, disegnando storia e storie, giocando a rimbalzo con le lettere che si susseguono formando parole e frasi in un insieme di trame semantiche dialettiche e fluttuanti.

Il luogo di partenza del progetto è stato il piazzale del Museo Archeologico di Muro Lucano e il poema scelto  l'Odissea: memoria e viaggio come principio; gradini, diramazioni e umano coesistere come sviluppo, come finale .... chissà, il tempo e i punti-sassi che saltando disegneranno altro .... ma questo pensiero, oggi è aria, non pietre.


*Nel 1997, durante la prima edizione della Borsa di Studio Joseph Stella, ci era stato chiesto da Salvatore, a Elio Cerone  e a me, di realizzare un prototipo di piastrella di cemento con inseriti sassi di fiume... 


Parole e fiumi, a Muro Lucano                                                                                                                                                              Manuel Cohen

Nella storia della cultura italiana degli ultimi trent'anni, popolare e folk, artistica e letteraria, tre suggestive esperienze 'di strada' si segnalano all'attenzione del cittadino, del pellegrino, del curioso e del passante, tre originali visioni utopiche, di salvaguardia e di memoria, di tramandabilità e testimonianza: a Pennabilli, tra Marche e Romagna; a Gibellina, in Sicilia; a Muro Lucano, nel più arcaico e ricco di risonanze paesaggio della penisola.

A Pennabilli, splendida località dell'Alta Valmarecchia, tra il Montefeltro e Rimini, si deve alla straordinaria inventiva di Tonino Guerra, il grande uomo di cinema, e ancor più grande poeta neo-dialettale, che ne fece la sede dei 'Luoghi dell'anima', un festival di poesia di strada in cui centralità assumeva il recupero delle tradizioni, dell'artigianato e della lingua, culminante con l'installazione dell'Orto dei frutti dimenticati: memoria rurale ed etnografica di una millenaria civiltà contadina scomparsa con l'industrializzazione e tuttavia da consegnare al futuro.

A Gibellina, dopo il terremoto del 1968, nei luoghi della devastazione, abbandonati per sempre dalla popolazione costretta a vivere nel nuovo paese sorto a dieci chilometri di distanza dal luogo originario, i migliori artisti italiani concorsero a lasciare una testimonianza di sé, posero installazioni in pietra e in metallo, dipinsero, scolpirono, tentarono il sogno di far rinascere la città: lì il maestre Alberto Burri, tra il 1984 e il 1989 edificò il grande cretto, il più enorme monumento mai costruito, un esteso, nero cratere segnato da numerose fratture: emblema di una terra nella perenne lotta tra la vita e la morte.

A Muro, infine, nello splendido scenario paesaggistico della Lucania, si deve all'intelligenza, alla passione e alla grande sollecitudine umana e artistica di un poeta archeologo, Salvatore Pagliuca, cultore di memorie e tradizioni, di lingua e costumi, la creazione, nel concorso plurale e multiculturale dei numerosi artisti internazionali che hanno lasciato traccia di sé, di una scala, una via lastricata di poesia, di parole incise nelle pietre, raccolte nella millenaria Fiumara di Muro. Memoria geologica e memoria antropologica, memoria di civiltà, alta e bassa al contempo, alta e bassa al contempo, stratificata nella roccia, memoria di parola poetica. Nulla più della pietra, e nulla più della poesia, sono artisticamente accostabili alla natura umana. Prefigurare, immaginare, sognare e realizzare un percorso di ciottoli incisi e scritti dove Le parole sono pietre, sta a significare la volontà di presidiare, vegliare e difendere l'elemento più inalienabile, l'emblema quasi della sensibilità dell'uomo e delle sue conquiste. Ed ecco allora realizzata una scala o cammino che sia, e poter camminarci sopra, colpiti dalla bellezza dell'arte a servizio dell'uomo, restarne aggrappati come a una più segreta cometa di pensieri.  E' il più gran bel gesto d'amore, il più gran bel lascito, per i visitatori, gli avventori, e per la comunità dei cittadini presenti e futuri.

Centro Culturale Franco Italiano di Muro Lucano

P.zza Don Giovanni Minzoni, Muro Lucano (PZ)

E-mail: ccfranco.italiano@gmail.com 

P.E.C.: ccfranco.italiano@pec.it